
La parte più potente del nostro cervello
La parte più potente del nostro cervello Perchè non la stiamo usando e perché dovremmo. Tempo fa ho letto un tweet di Richard D. Bartlett
Quando si scrive un articolo destinato all’attenzione di organizzazioni, e quindi nella loro rappresentanza di manager, imprenditori, decision maker, non è consigliabile aprire con una manifestazione di debolezza. Questi, però, sono tempi extra-ordinari, in cui è necessario a mio avviso ricucire il divario tra l’uomo e il professionista, tra formalità e realtà. Sono tempi in cui riconoscere che dalle debolezze possiamo realizzare ciò che senza di esse non riuscivamo nemmeno a vedere.
Nell’ottobre 2019 ho attraversato un periodo molto intenso a livello personale. Credevo inizialmente si trattasse di stress, ma ben presto le radici di quella pressione che sentivo prima a livello mentale e poi sempre più anche a livello fisico iniziarono a scavare in profondità, toccando lo spirito e mettendo a rischio la mia energia a molti livelli. Fu un crollo totale.
Seppure mi sembra passata una vita da allora, sono trascorsi in realtà solo pochi mesi e il mondo è adesso in una fase di transizione evidente a tutti, manifestata sotto più forme. La più semplice da percepire, per quanto complessa nella sua natura, è l’emergenza Covid-19. Ma di certo non l’unica. Da anni ormai l’allarme climatico è diventato un tema rilevante nelle agende politiche, economiche e sociali, per quanto ancora con segnali forse troppo deboli sul piano delle azioni. L’inquinamento del suolo, delle acque e dell’aria, con una particolare attenzione alla plastica. L’estinzione velocissima di numerose specie animali. Un elenco di segnali tragici di quello che potrebbe apparire un disastro la cui responsabilità risiederebbe interamente nell’essere umano. Segnali che, se non fosse sufficiente, vanno oltre gli aspetti ecologici e ambientali e investono pienamente i mercati, le infrastrutture, le tecnologie. Da un punto di vista economico l’incertezza è ancora estremamente alta, e nessuna previsione sembra poter rasserenare gli animi. L’organizzazione del lavoro, dai temi del remote working a quelli delle compensazioni economiche dei collaboratori, è stata messa severamente alla prova. Ogni ambito della vita individuale e collettiva sembra essere a rischio.
SPERANZA
La speranza non è la convinzione che qualcosa andrà bene, ma la certezza che qualcosa abbia un senso, indipendentemente da come andrà a finire.
In questi tempi mi sono interrogato spesso sul senso di tutto questo. E ho nutrito la speranza. Adesso, nella notte in cui mi trovo a scrivere sul tavolo della cucina, mentre per l’ennesima volta non prendo sonno, questa speranza ha una forma. Per la prima volta da mesi vedo un senso. Il più banale, forse. E al contempo il più potente.
Nell’ottobre 2019 ho recuperato le energie grazie alla mia meravigliosa compagna che mi ha sorretto nella quotidianità, alla mia famiglia che mi ha sempre dato fiducia, ai colleghi intorno a me che mi hanno coperto le spalle, e al mio maestro che mi ha sempre guidato con saggezza e amore. Si sono presi cura di me.
Oggi, nel burnout che viviamo a livello globale e che si sta manifestando in molti di noi come esaurimento energetico individuale, è questo il grido d’aiuto che stiamo sentendo: chi si prenderà cura di noi?
Eccolo il senso di tutto questo: una chiamata inequivocabile a prenderci cura.
Prenderci cura l’uno dell’altro. Prenderci cura del pianeta. Prenderci cura del nostro lavoro. Prenderci cura dei bambini. Prenderci cura degli anziani. Prenderci cura degli animali, delle piante, dei mari, del suolo, dell’aria. Prenderci cura come forma culturale che si manifesti in modo pervasivo in ogni azione e contesto.
Stiamo sentendo forse per la prima volta il corpo di cui siamo parte infiammare i suoi tessuti. Come cellule di questo corpo ne proviamo la fatica, ma la cellula infiammata non può dar senso al dolore da sola. La capacità di dar senso è una proprietà emergente del sistema totale. Non troveremo alcun senso continuando a guardarci allo specchio. L’ansia, il timore, lo stress, la paura del futuro saranno tutti segnali vuoti se li pensiamo in modo ego-centrico. È nella relazione che possiamo dar senso al vissuto individuale. È nel passaggio collettivo che l’individuo potrà traghettare se stesso.
Ecco che le nostre organizzazioni diventano luoghi preziosi per questa transizione. Diventano il ponte che è in grado di connettere le persone al tutto. Ogni organizzazione è l’espressione di uno scopo che trascende le sue parti e si offre al mondo. È fatta di persone, ma diventa essa stessa un’entità con la sua identità e la sua vita. Per questo è un punto di raccordo fondamentale tra il livello degli individui e il livello più ampio del genere umano e del pianeta intero. Ogni organizzazione con la quale ho avuto il piacere e l’onore di lavorare in passato so che ha a cuore il valore per il quale esiste. Dall’industria retail allo sviluppo software, dalla produzione di microprocessori al mondo fintech, aziende e istituzioni di ogni dimensione e in ogni mercato. Ognuno nella sua unicità. Come loro, lì fuori esistono altre migliaia di organizzazioni che stanno giocando la loro partita nel delicato e fondamentale equilibrio tra la propria crescita e la contribuzione al mondo, tra profitto e consegna di valore, nello spazio liminale dell’ecoismo come superamento della dualità tra vantaggio per sé stessi e beneficio per l’altro. Ecco che si offre una grande occasione di evolvere la stessa epistemologia attraverso la quale concepiamo il lavoro.
OPPORTUNITÀ
Il lavoro è amore reso visibile
E cos’è l’amore se non la più profonda manifestazione della relazione che lega ognuno di noi?
È in questo legame che alle organizzazioni di oggi si offre l’occasione di pensare a domande quali:
È un momento fondamentale per questa ricerca. Una ricerca che è solo all’apparenza di pensiero. In verità è estremamente pratica. Ripensare il concetto di strategia, rafforzare una vision condivisa, ridefinire il modo in cui ci si relaziona al mercato, adottare nuove metodologie di management, dar voce alle persone nei processi di decision making collaborativo, evolvere i sistemi di governance, rendere più adattivo il design organizzativo, snellire le dinamiche di collaborazione distribuita, liberare il potenziale di leadership nel sistema, attrarre e far crescere talenti.
Se anche solo uno di questi temi risuona con ciò che stai percependo all’interno della tua organizzazione o del tuo lavoro e senti il bisogno di prenderti veramente cura di questo delicato momento di transizione, proviamo a navigare questa esplorazione insieme.
Sta nascendo una nuova umanità. Con questa, nuove forme di organizzazione che le permettano di esprimersi al meglio. È tempo di prendersi cura di tutto ciò. Già diversi sono in cammino da tempo. Altri si stanno unendo adesso. Il momento per darsi da fare è ora.
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La parte più potente del nostro cervello Perchè non la stiamo usando e perché dovremmo. Tempo fa ho letto un tweet di Richard D. Bartlett
A conversation at the roots of the meta-crisis Why we need new narratives for a better world I was in a conversation some days ago,
A present for you A first small and powerful step to nurture the ecoism Leggilo in italiano A few days ago I stumbled upon a